Stiamo combattendo con l'Idra di Lerna?

Eracle lotta contro l'Idra, immagine rossa su fondo nero da un coccio di anfora greca

Siamo al punto in cui combattere una crisi significa solo crearne altre? 


L'Idra di Lerna, una storia angosciante che si ripete  

Quando ero bambino, la storia dell'Idra di Lerna mi sembrava piuttosto angosciante; voi ve la ricordate?

Nella mitologia greca, l'Idra era un rettile astuto e malvagio, dalle molte teste: tagliandogliene una, si otteneva soltanto di vederne ricrescere dal moncone altre due o tre (a seconda della versione), cosa che secondo il racconto diede dei grattacapi all'eroe Eracle, chiamato a sconfiggere il mostro durante le sue famigerate Dodici Fatiche.

In questi tempi di crisi in apparenza perenne mi è capitato di ripensare all'Idra e alla sua leggenda, forse perché mi sembra che l'Umanità si ritrovi un po' nei panni di Eracle, a combattere contro un mostro che ad ogni attacco pare diventare solo più forte e cattivo.

Peggio ancora, al contrario di Eracle, non sembriamo per niente in grado di avere finalmente ragione di questa bestia andata fuori controllo.


Covid-19, Ucraina, clima... l'Idra di Lerna ai giorni nostri

Paragonare la crisi globale all'Idra suona un po' azzardato finché non ci si pensa un attimo.

Prendiamo ad esempio la pandemia di Covid-19: nel tentativo di contenere il contagio e di evitare il collasso dei sistemi sanitari abbiamo sì evitato una catastrofe, ma al prezzo di una recessione tremenda, di cittadini più rancorosi, più fragili, e magari più disposti a prestare ascolto a teorie del complotto e diffusori di disinformazione.

Un altro caso scottante è la guerra in Ucraina, o meglio il sostegno militare offerto a Kyiv da diversi governi occidentali: sì, è probabile che si sia riusciti a evitare la caduta dell'intero Paese in mano russa, ma il prolungarsi del conflitto sta provocando altre morti, emergenze alimentari nei Paesi più poveri, una nuova corsa agli armamenti e, di nuovo, tensioni sociali nei Paesi sostenitori.

E guai a dimenticarsi dell'immigrazione: le manovre dei vari Paesi per "gestire i flussi migratori" hanno rassicurato qualcuno, senza dubbio, ma non solo non fermano morti in mare, ma finiscono pure per rimpinguare le casse e gonfiare l'ego di governi autoritari eletti a "guardiani" delle frontiere europee, cosa che a sua volta genera ulteriori problemi geopolitici.

Che dire, c'è poco da stare allegri.

Eppure, come se tutto ciò non bastasse, potremmo vedere qualcosa di ancor più spaventoso nella lotta a un'altra gravissima crisi, quella quella ambientale e climatica.

In parole povere: cosa potremmo ritrovarci a dover sacrificare per salvare il Pianeta?

Certo, le dichiarazioni di alcuni esponenti politici come la premier italiana Giorgia Meloni possono essere liquidate come posizioni dettate dall'ideologia, ma pongono un quesito tanto scottante quanto diffuso almeno in certi ambienti: siamo davvero sicuri che la transizione ecologica possa avere luogo senza causare a sua volta ulteriori problemi?

Gli agricoltori hanno dei timori al riguardo, così come tanti cittadini magari seccati da norme "antipatiche" e soprattutto preoccupati di perdere troppe "comodità" moderne; forse anche i governi a parole più "green" hanno i loro dubbi, e intanto cercano soluzioni non troppo "invasive".

Come dicono in inglese, damned if you do, damned if you don't: che decidiamo di agire o meno rischiamo comunque di finire nel baratro.    


Danni collaterali "accettabili": l'Umanità al bivio 

Moriremo cercando di sconfiggere il clima impazzito?

Ogni giorno arriva la notizia di una nuova scoperta o invenzione in grado di aiutarci a vivere bene e in modo "sostenibile": gli studiosi al lavoro sono davvero tanti, e considerarci già senza speranza suona davvero offensivo nei loro confronti.

D'altra parte, non si può non prendere in considerazione l'ipotesi che i piani per la nostra salvezza richiedano un prezzo che non possiamo o vogliamo pagare: potremmo doverci preparare a tecnologie ritenute "miracolose" ma piene di effetti collaterali imprevisti, tensioni geopolitiche e guerre incentrate sul controllo di risorse diventate necessarie alla transizione ecologica (come il litio), economie in subbuglio con milioni di lavoratori a spasso e non facilmente riqualificabili, restrizioni dei consumi e della privacy in nome della lotta agli sprechi, movimenti sociali di protesta anche violenti, sistemi politici costretti a irrigidirsi per preservare la linea "verde" o al contrario populisti autoritari tentare colpi di Stato contro la "follia ecologista"...

Potremmo arrivare al punto di decidere che il gioco non vale la candela; qualcuno potrebbe ritenere che un Mondo in fiamme o uno sotto una "eco-dittatura" siano gli unici due destini possibili e che nessuno vorrebbe viverci in ogni caso, e su questo si troverebbe in buona compagnia...

Sono scenari inquietanti, quasi da complottisti, ma che rischiano di diventare realtà man mano che gli interventi più moderati iniziano a diventare impraticabili: proprio per questo vanno tenuti a mente per continuare fino all'ultimo a promuovere politiche ambientali davvero sostenibili per tutti e per evitare che la lotta climatica venga cooptata da gruppi o figure dagli scopi tutt'altro che benevoli.

Creiamo un Mondo verde di speranza e non di rabbia.

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