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Più liberi... eppure no

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Tra libertà fragili e l'ombra eterna ma trasformista della schiavitù Tutti vogliono essere liberi, o almeno così dicono. C'è chi per la libertà propria e altrui ancora oggi continua a lottare, a soffrire e persino a morire. Perché la libertà, comunque la si veda, è fragile. Oggi siamo davvero più liberi? Sotto molti punti di vista sì, almeno nel nostro Occidente: lotta, conoscenza e tecnologia hanno portato a milioni di persone orizzonti, possibilità e diritti inconcepibili fino a qualche decennio fa. Eppure, proprio tanto di ciò che ci ha liberato è allo stesso tempo strumento di oppressione. Il nostro progresso resta costruito anche sullo sfruttamento di altri popoli, di altre terre. La globalizzazione che ha aperto confini rende più ricattabili e quindi erode le conquiste di tanti lavoratori. La tecnologia che rende l'esistenza più comoda diventa anche fonte di controllo e disinformazione, per giovani e meno giovani . L'integrazione di coloro che un tempo erano escl

Il Mondo sta male ma non muore mai

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L'eterna escalation da cui non si torna mai davvero indietro Un sabato sera come tanti, mi aspettavo qualche ora tranquilla. Nel giro di un attimo, invece, mi sono ritrovato come milioni di altre persone a seguire in diretta il possibile inizio della fine. Sì, dopo giorni di supposizioni e avvertimenti, l'attacco dell'Iran a Israele è arrivato per davvero. Una marea di droni e qualche missile in mezzo, quasi tutti abbattuti e con poche (ma purtroppo non nulle) conseguenze. Sui social, qualcuno ha evocato lo spettro del 1° settembre 1939, altri invece sembravano affascinati, come soggiogati da un brutto film di guerra o da un perverso reality show . Terza Guerra Mondiale in arrivo? Quasi subito, la smentita: l'Iran si è detto disposto a chiudere così la faccenda, a considerare il letale raid israeliano ai suoi rappresentati adeguatamente vendicato, purché Tel Aviv non volesse replicare; da parte sua il governo Netanyahu (probabilmente con una buona dose di persuasione

Protopia, l'utopia che crede di non esserlo?

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Tra l'utopia dei "visionari" e la distopia dei pessimisti esiste davvero un approccio più "razionale"? Il bello della Rete: nuovi amici e nuove idee Un immenso e indubbio vantaggio della Rete è la sua capacità di metterci in contatto con persone e contenuti in grado di ampliare i nostri orizzonti e sfidare i nostri preconcetti. Tra gli "amici" incontrati più di recente lungo il cammino non posso non menzionare (e raccomandare) l'ottimo Futuro Prossimo , che con passione e puntualità ci informa sui grandi cambiamenti in atto già qui e ora, dalle ultime conquiste delle scienze alle nuove tendenze sociali, meritandosi ampiamente i tanti follower raggiunti sulle diverse piattaforme social. È proprio grazie a Futuro Prossimo che qualche giorno fa ho letto per la prima volta di un concetto che non conoscevo, la Protopia . Né miraggio né sconforto: cos'è la Protopia Alle utopie spesso irrealistiche di tanti " visionari ", i protopisti oppong

Al telefono con il declino

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Assistere al disfacimento di una società, una telefonata alla volta Che il nostro tessuto sociale sia sempre più logoro non è proprio una novità, basta seguire un qualsiasi telegiornale. Da qualche tempo, però, la questione ha assunto per me un carattere più personale. Come forse avevo già accennato in qualche post precedente, infatti, dallo scorso autunno ho un nuovo lavoro, che in parole povere consiste nel contattare persone con pendenze amministrative per negoziare con loro una risoluzione bonaria e stragiudiziale... prima di passare a una chiusura decisamente meno bonaria e assai giudiziale. All'atto pratico la cosa si traduce in trattative telefoniche per ottenere a) documentazione a discarico oppure b) un pagamento. Ora, che la reazione dei miei interlocutori non sia estatica ci sta (a chi piace sborsare?); ma devo dire che i comportamenti di molti degli individui che contatto ogni santo giorno lavorativo sono desolanti, e a mesi di distanza non cessano di lasciarmi basito.

Se le parole intrappolano

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Quando perdiamo tempo sulle definizioni invece di agire È o non è? Forse è solo un'impressione, ma mi sembra che negli ultimi tempi alla continua e multiforme battaglia fra poteri e fra ideologie si stia cercando di far assumere le spoglie in apparenza più innocue di divergenza lessicale. Quella della Russia in Ucraina è un'aggressione o una "operazione militare speciale"? Quello di Israele a Gaza è genocidio o no? In Italia si fa davvero "dossieraggio" ai danni di politici e personaggi famosi? Il Pianeta è entrato nell'Antropocene o è ancora all'Olocene? Diatribe di questo tipo paiono affollare sempre di più i nostri feed sui social, i titoli dei giornali, i talk show... e francamente sono irritanti. A volte serve precisione... In linea di massima, essere accurati nelle definizioni è importante: solo partendo da punti di riferimento comuni è possibile capirsi, e solo capendosi è possibile giungere a un qualche tipo di accordo, o almeno dissentire c

Reinventarsi, oggi: è ancora possibile?

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È davvero possibile ricominciare da capo in quest'era moderna? Ricordando una canzone Qualche giorno fa mi sono tornati in mente i tempi della scuola. Durante le ore di Spagnolo, la nostra insegnante madrelingua, la prof B., ogni tanto cercava di scuotere l'apatia pressoché generale facendo riferimento alla cultura pop, soprattutto a suon di canzoni. In quei giorni una in particolare andava per la maggiore, Me voy di Julieta Venegas... e mi ricordo ancora questi versi: No voy a llorar y decir Que no merezco esto Porque Es probable que Lo merezco, pero no lo quiero, por eso me voy Cioè  non mi metterò a piangere e a dire che non me lo merito; perché è probabile che me lo meriti, ma non mi va, e quindi vado via . Queste parole mi sono rimaste impresse dopo tanti anni; forse perché, a prescindere dal tema della canzone (una separazione), sembrano esprimere un sentimento di ribellione che si può estendere a tanti altri aspetti della nostra vita... Ideologie tossiche e la tecnica c

Scopi sbagliati, scrittura povera

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Come le dinamiche della Rete in una società polarizzata "uccidono" la scrittura Social e scrittura spasmodica Sui social e in generale in Rete, si sa, la comunicazione resta spesso su un piano estremamente informale: come già negli ormai antichi SMS, abbreviazioni ed emoji abbondano. E di per sé non è sempre necessariamente un male: in fondo si è tra amici o potenziali tali, non allo scritto di Maturità. I problemi iniziano però quando Facebook, X-fu-Twitter e compagnia diventano i nostri principali canali di espressione; e oggi, con amici di penna e diari quasi in via di estinzione, ciò avviene per la stragrande maggioranza delle persone, forse ormai più a proprio agio a parlare al mare magnum virtuale che a tu per tu con un altro essere umano, più interessati a fare incetta di like che di rapporti autentici. Se gli algoritmi delle diverse piattaforme "premiano" la rapidità e la battuta facile, perché perdere troppo tempo a pensare prima di scrivere? Meglio piazz