Contro la perfidia pedagogica

Foto dal busto in su di una giovane donna dai capelli lunghi con una t-shirt scura e occhiali che mostra un'espressione afflitta

Quando la vita è già dura, perché aggiungerci il carico da undici?

Se il tempo manca, gli archivi vengono in aiuto (con qualche ritocco): buona lettura


L'idea per questo ennesimo piccolo excursus nel mondo dei giovani mi arriva da uno status postato su LinkedIn.

Una mia conoscente, in procinto di seguire dei corsi presso una prestigiosa (e costosa!) Università privata, voleva condividere con noi il suo sdegno per lo scarso rispetto mostrato dagli organizzatori dei seminari - con tre righe secche, è stato informata di non poter procedere alla registrazione perché la quota massima di partecipanti era già stata raggiunta.

Così, senza nemmeno un "ci scusiamo per l'inconveniente"... e dire che sul sito la notizia non era riportata: si è trattata di una vera doccia fredda!

Giustamente - almeno secondo me - diverse persone hanno criticato il comportamento dell'Ateneo... incluso un altro contatto, che tuttavia se n'è uscito con una frase a dir poco infelice:

"Assurdo - con chi credevano di parlare questi, con uno dei loro studenti?"

Come, prego?

Forse gli studenti, perché giovani, meritano meno considerazione rispetto a chi ha qualche anno in più?

Fosse solo per la retta salata (ed è salata, ve lo assicuro) che questi giovani e le loro famiglie versano regolarmente, direi che la semplice buona educazione dovrebbe essere già inclusa nel pacchetto.

Purtroppo, si tratta di una tendenza che ho notato spesso fra gli over 40 - la convinzione che i giovani vadano trattati con una certa durezza, in quanto la vita è cattiva, il più cattivo vince, ed è meglio che lo capiscano subito.

Una sorta di perfidia pedagogica - se l'esistenza è dolore, iniziamo a vaccinare adeguatamente chi ci si sta appena affacciando...

E la cosa più sconvolgente è che persino alcuni under 30 sembrano pensarla allo stesso modo.

Ricorderò sempre le parole (a senso) di un compagno di classe di mio fratello:

"Sì, alla nostra scuola ci fanno mangiare un sacco di m..., ma è giusto così, perché il Mondo va in questo modo e dobbiamo prepararci".

No, non era giusto - quello era un tipico contesto in cui qualcuno confondeva la durezza con l'autorevolezza... non senza contraddizioni, comunque.

Un ambiente dove forse qualcuno trovava la propria "rivalsa" per umiliazioni subite altrove, chissà.

Al di là della mia viscerale antipatia per ogni cattiveria gratuita, trovo in ogni caso la perfidia pedagogica un atteggiamento molto arrogante.

Chi siamo noi per stabilire il livello di preparazione alla vita degli altri, per "aggiustare" il prossimo?

La gente soffre già abbastanza per conto proprio, è già costretta di per sé a corazzarsi (e lo fa in tanti modi).

E degli sterotipi generazionali, poi, cosa dire?

Restando in tema di esperienze personali, potrei parlarvi di una ragazza che giovanissima ha visto andarsene la madre, dopo averla assistita in ospedale e a casa per mesi; o di un'altra che nello stesso periodo si è dovuta sottoporre a numerosi interventi chirurgici - un vero calvario.

Non hanno già "mangiato abbastanza m...", secondo voi?

E allo stesso tempo, potrei raccontarvi di decine di cinquantenni o sessantenni con l'autonomia e la resilienza mentale di una rapa!

Siamo duri perché la vita è dura, dicono i pedagogisti da strapazzo.

Ma proprio perché il nostro cammino è già così difficile, non è forse il caso di essere almeno un po' più buoni gli uni con gli altri (e magari fermarci un attimo a pensare sul senso o non-senso di tutto questo dolore a cui assistiamo, visto che ci siamo)?

Malattie, incidenti e catastrofi ci colpiscono senza preavviso, senza che noi si possa fare nulla - ma almeno sul nostro comportamento, un bel po' di controllo lo abbiamo, no?

Rileggiamoci La Ginestra di Leopardi - pessimismo cosmico a parte, quel che dice sulla solidarietà è oro.

Cari pedagoghi con la frusta, lasciate perdere le vostre giustificazioni, guardatevi allo specchio... e ammettete semplicemente di essere gli stronzi che siete (eh sì, in questo caso la parolaccia ci vuole).

A "temprare" il prossimo spesso ci pensa già il destino... per noi stessi scegliamoci un ruolo migliore.

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