"No DM", se il sessismo uccide il networking

Una giovane donna bionda dagli occhi azzurri si copre parte del viso con il collo del suo maglione bianco

Se per difendersi le donne devono rinunciare a comunicare in Rete

I social cambiano, il sessismo resta


Fra le opzioni più interessanti che ci offrono i social media, un posto di rilievo va certamente alla possibilità di contattare altri user in forma riservata, lontano degli occhi indiscreti dell'intera piattaforma – e non è un caso che, negli ultimi tempi, app di messaggistica quali WhatsApp o Telegram abbiano guadagnato sempre più terrenp.

Eppure, non tutti sembrano pensarla così.

In effetti, soprattutto sui social network più noti – in primis, il fu Twitter – non era raro un tempo imbattersi in profili recanti la specificazione "No DM" (No Direct Messages), ovvero "non accetto messaggi in privato"; mentre ora le nuove opzioni messe a disposizione dalle varie piattaforme rendono possibile restringere a pochi amici o persino impedire del tutto la possibilità di essere così contattati.

Oggi come allora, è sufficiente una rapida ricognizione dei propri follower per rendersi conto che la maggioranza dei profili "blindati" appartiene a utenti donne; e ciò per una ragione ben precisa e già tristemente nota: le molestie online.

Proprio così: mentre da anni rivelazioni clamorose stanno portando alla luce casi di violenza sessuale perpetrati da personaggi del jet-set, sempre più donne (ma non solo) si sentono incoraggiate a parlare apertamente delle diverse forme di sessismo e maleducazione incontrate nella vita di ogni giorno, incluse quelle subite sui social.

Contatti insistenti, apprezzamenti inopportuni, avances spinte, richieste e/o invii di materiale pornografico, stalking virtuale… la lista è davvero lunga, e basta ampiamente a scoraggiare un buon numero di internaute dall'interagire a tu per tu con gli altri, specie se di sesso maschile.

Un vero peccato – prima di tutto per la viltà degli utenti molesti e per il disagio profondo vissuto dalle vittime, ma anche per le occasioni di networking che la comprensibile reazione delle donne colpite mette a repentaglio: in un Mercato del Lavoro precario e che sempre più spesso fa leva sul social recruiting, ad esempio, quante potenziali domande/offerte di lavoro restano nel cassetto? Quanti possibili collaboratori rinunciano a contattare e a farsi contattare? Quali partnership sono destinate a non vedere mai la luce?

Rispetto ad altre questioni di genere più evidenti e pressanti, questa può apparire una preoccupazione meno degna di nota; eppure, già di per sé rappresenta molto bene la contrapposizione fra la ragion d'essere dei social network – ovvero connettere persone e idee al di là delle barriere geografiche e sociali – e gli effetti divisivi e nefasti di un cattivo uso degli stessi (come se i venditori di fumo non fossero già un problema sufficiente...)

Un'ulteriore riprova del fatto che nessuna innovazione tecnologica può costituire di per sé un reale progresso, se non è sostenuta da un'evoluzione etica e sociale corrispondente.

Ancora una volta, la Rete ci rende vicini, e al tempo stesso tanto lontani...

Commenti

  1. Mi è piaciuto l'articolo, riflessioni che trovo molto puntuali sull'argomento.

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    1. Grazie; la cosa triste è vedere come in tanti anni non sia cambiato niente...
      Buona serata

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  2. Sono veramente tante le molestie, una tematica che anche nel mio blog ho affrontato tante volte.

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    1. In fondo la Rete riproduce le stesse dinamiche tossiche che nascono nel mondo "reale", purtroppo... parlarne è un primo passo.

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  3. Hai fatto luce su un interessante risvolto della questione. È proprio così, la realtà si riflette anche nei piccoli o grandi angoli di web.

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    1. È triste ma è la realtà, chi già mostra certi comportamenti offline non ha di certo scrupoli quando può nascondersi dietro uno schermo...

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