L'era della protesta è finita?

Tra i palazzi di una città, una folla marcia portando cartelli, al centro c'è un cartello con un volto di donna e sotto la scritta in Inglese "We the people"

Tanti i problemi del Mondo, e tante le proteste in corso: ma le vecchie tattiche sembrano funzionare sempre meno


Crisi del Mondo, crisi delle proteste?

Che le cose nel Mondo non stiano andando molto bene lo stiamo dicendo da un po': e quando le cose non vanno bene, non è raro che la gente scenda in piazza a far sentire la propria voce.

Ogni tanto, la protesta vince e convince chi governa a rivedere i propri piani, altre volte invece le cose vanno diversamente: e guardando alle manifestazioni in corso in queste settimane, pare che il secondo scenario stia diventando la norma, o quasi.

In Francia, nonostante una lotta tenacissima, durissima e a tratti violenta, condotta tra scioperi, cortei e scontri, la contestata riforma delle pensioni sembra avviata a concludere il proprio iter come nei piani del presidente Macron e della premier Borne; in Italia intanto, le azioni pro-ambiente di Ultima Generazione, per quanto animate da ottimi intenti, si rivelano del tutto controproducenti, incontrando la disapprovazione di molti nostri concittadini, provvedimenti più severi da parte del Governo e persino l'attenzione delle autorità giudiziarie.

E questi sono solo due dei tanti rivolgimenti in corso; più lontano da casa, infatti, in Israele ci si mobilita contro una controversa riforma giudiziaria, al momento solo sospesa ma sempre lì, come una spada di Damocle, mentre in Iran il coraggioso sacrificio di migliaia di giovani e meno giovani ancora non sembra abbastanza per allentare davvero la morsa del regime degli ayatollah.

O andando ancora più indietro... chi si ricorda ancora delle grandi marce di Black Lives Matter nel 2020?

Insomma, mentre il Mondo è in crisi, l'efficiacia della protesta come azione politica non pare messa meglio: ma perché?


Protestare oggi, cosa è cambiato

Il successo o il fallimento di un movimento di protesta può dipendere da molti fattori, spesso legati alla storia e alle caratteristiche di una data società: detto questo, esistono alcuni elementi che possono spiegare come le folle nelle piazze, per quanto determinate, non sembrino più in grado di produrre vero cambiamento.

Una prima causa è la propaganda: distogliere l'attenzione dagli avvenimenti in corso, demonizzare i manifestanti... trucchi vecchi come il Mondo, certo, ma resi oggi ancora più pervasivi e tossici dalle possibilità offerte dai social media, che rende facilissimo ad attori malevoli stordire il pubblico con mille contronarrative, manipolare le informazioni, e creare vere e proprie teorie del complotto per screditare chi protesta o incanalare l'ira di potenziali agitatori verso vicoli ciechi.

Una seconda grossa novità è data dalla tecnologia messa al servizio della sorveglianza: abbiamo i poliziotti robot inaugurati a Singapore e proposti (per una volta senza successo) anche a San Francisco, i droni, il riconoscimento facciale, le app sul nostro stesso telefonino pronte a spiarci... un Governo sospettoso ha solo l'imbarazzo della scelta.

Nell'Era 2.0 del bombardamento mediatico continuo e spesso fuorviante, della trasparenza quasi totale, del tracciamento e della profilazione, forse le vecchie tattiche di lotta civile non sono più valide come una volta.


Verso nuove forme di protesta

Con le proteste di piazza diventate meno efficaci (ma non meno pericolose), gli scioperi ridotti quasi a formalità, cosa rimane a chi vuole farsi sentire?

Lanciare hashtag e post indignati sui social network lascia il tempo che trova, e in ogni caso diverse piattaforme praticano di routine azioni di censura, a volte direttamente su richiesta delle autorità.

I boicottaggi di prodotti o servizi, dal canto loro, non sempre sono efficaci, richiedono grande coordinazione tra i consumatori e se l'obiettivo detiene un ruolo egemone in quel dato settore la battaglia è presto persa.

"Votare con i piedi", cercando lidi più accoglienti, può suonare attraente, ma nella pratica non tutti possono permetterselo, un po' per questioni economiche, un po' per questioni familiari, e un po' per i requisiti spesso stringenti imposti dai Paesi di destinazione.

Fine dei giochi, quindi?

Forse no.

Forse, la forma di protesta più attuale è quella che vediamo ogni giorno ma non riconosciamo come tale, vale a dire il calo demografico: un trend dovuto a oggettivi problemi economici di tanti aspiranti genitori, certo, ma che va molto al di là di semplici conti in tasca.

Avere un figlio, infatti, è un voto di fiducia nei confronti del Mondo in cui il nuovo nato si troverà a vivere: ma se la speranza nel futuro e la fede nel sistema viene a mancare, le culle iniziano a restare vuote.

C'è chi magari questo lo pensa in privato, o lo dice tra amici; ma c'è anche chi rivendica la propria scelta in modo esplicito e in chiave politica, come le attiviste femministe in Corea del Sud, che con i loro "quattro no" sfidano da qualche anno una società ipercompetitiva, ansiogena, e per molti versi ancora assai maschilista e conservatrice.

Che sia questa la nuova frontiera della protesta?

L'unica cosa certa è che finché ci saranno problemi nel Mondo, qualcuno cercherà e troverà sempre il modo di farsi sentire.

Commenti

  1. La scomparsa della politica ha banalizzato la protesta. Una volta c'erano in Italia le Brigate rosse, oggi in Francia il no contro le riforme di Macron è solo velleitario. La gente vive di più e il costo delle pensioni assorbe il bilancio dello Stato. I rivoltosi dovrebbero suggerire il modo di trovare nuove entrate per far quadrare la spesa pubblica.

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    1. Per quanto riguarda il caso francese non penso di avere le competenze per entrare nel merito del contendere, credo che l'idea dei manifestanti sia che di risorse ne esistano eccome ma che il governo non voglia tirarle fuori scaricando così tutto sulle spalle dei lavoratori.

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  2. La mancanza di leader realmente carismatici, capaci di fare da guida alle folle, l'illusione di un benessere peraltro effimero, la paura di essere schiacciati dal sistema se non allineati, secondo me, hanno quasi ucciso l'opinione pubblica e ne hanno frustrato ogni moto di protesta. Non sarà facile uscirne in tempi brevi.

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  3. L'Uomo si evolve peggiorando, anche nelle manifestazioni.

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    1. Sì, avverto anch'io questo senso generale di disgregazione, non so se sia destinato a lasciare spazio a qualcosa di nuovo e migliore, in questi giorni non ne sono molto sicuro, ma continuo a sperare, e, nel mio piccolo, ad aiutare.

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  4. Mondo in Frantumi
    Ci spero anch'io. Solo che ho un cattivo presentimento ....... si peggiorerà andando sempre più in basso.

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    1. Com'è che si dice "le cose devono ancora peggiorare prima di poter migliorare"...

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  5. Forse il vero problema non è, o non è soltanto, come si manifesta ma il fatto che oggigiorno non esiste più quella solidarietà sociale che ha avuto il suo fulgore negli anni settanta ma ha mantenuto forza e vigore anche fino agli anni novanta. Con solidarietà sociale intendo dire quel "sentimento" di comunione generale per cui si solidarizzava con chi era in difficoltà perchè si aveva ancora quella sensibilità sociale che permetteva di capire che si era tutti sulla stessa barca, che se quel giorno scendevano in piazza i metalmeccanici (oggi magari più i riders o quelli a partita IVA) domani poteva toccare alla tua area lavorativa e che se si combatteva per un diritto negato o non voluto riconoscere, ci prestavi almeno attenzione perchè un giorno capivi che avresti potuto essere anche tu in una analoga situazione, quindi partecipavi concretamente o almeno con testa e cuore alla loro protesta. Oggi invece il divide et impera, l'aver portato a far pensare solo al proprio orticello, (ed in questo l'isolamento che il mondo virtuale ti offre è stato purtroppo di grande aiuto a questo processo) ha di fatto provocato questo allontanamento dalla protesta. Ciascuno in realtà vorrebbe manifestare, ma solo per sostenere le proprie istanze e quindi mal sopporta quelle degli altri. Forse se si riuscisse a recuperare quella sensibilità sociale di cui dicevo poco sopra, allora le proteste tornerebbero ad essere cmq più significative ed efficaci. Poi possono fallire lo stesso, soprattutto se usi la forza e l'illegalità per stroncarle, ma almeno a quel punto tutti capirebbero chi li governa e riconoscerebbero quei vecchi sistemi repressivi tanto odiati. Oggi invece la repressione esiste ma è apparentemente più soft e soprattutto funziona perchè è per settori, e quindi si avvantaggia del successo del divide et impera oramai ben consolidato nel tessuto sociale moderno.

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    1. Sì, è vero Daniele, oggi più che altro i vari gruppi o si ignorano o litigano tra loro per decidere chi sia quello messo peggio, oppure si pugnalano alle spalle sperando di guadagnare briciole da più in alto...

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