L'insopprimibile "bisogno" di parlare

Un lungo molo si protende verso il mare sotto il cielo serale

La moderna schiavitù di dover sempre avere un'opinione, ed esprimerla


Succedono tante cose, e...

Ne succedono di cose, in questo nostro Mondo in frantumi, e spesso si tratta di notizie tutt'altro che buone, crisi, guerre, violenze, discriminazioni... la lista purtroppo è infinita.

E proprio quando le cose vanno male, quando soprattutto in Rete la gente si indigna, in tanti scatta qualcosa che li porta a commentare, a dire la propria, ad ogni costo.

Non importa che l'argomento sia quasi sconosciuto e che i messaggi risultino banali e identici a migliaia di altri, ciò che conta è esprimersi, lasciare un segno del proprio passaggio.

Ma da dove nasce questa esigenza, un'ossessione quasi, che ci portiamo appresso con lo smartphone?


Perché bisogna avere un'opinione su tutto?

La Rete è veloce, in Rete si fa più o meno tutto, in Rete ci sono tutti (o quasi).

Per il narcisista o l'imbonitore è un paradiso, milioni di persone pronte almeno in teoria ad ascoltarne ogni parola; ma dove l'innamorato di sé stesso o del denaro vede opportunità a non finire, gli altri scorgono quasi un'imposizione, una folla pronta a chiedere un commento, un cenno, perché nel clima ansiogeno e polarizzato di oggi tacere spesso non è un'opzione, pena la nomea di ignorante o di nemico, e quindi diventa necessario esprimersi... ma anche in questo caso non senza timore, perché tra le altre cose la Rete è esigente, ricorda tanto e perdona poco.

È il personal branding, bellezza.

Ed ecco allora tutti improvvisarsi agenzie di stampa, giornalisti, esperti di attualità, medici, e via dicendo, spesso oscillando tra una certa consapevolezza, che porta a non osare troppo ma quindi anche a decine di contenuti tutti uguali, e un tentativo di risultare originali ma al prezzo dello scontro o della polemica perenne.

Quasi un lavoro aggiuntivo, con tutto lo stress che comporta!


No, non serve avere un'opinione su tutto

Ma è davvero necessario sottostare ai ritmi folli della Rete e offrire al Mondo i propri pensieri su qualsiasi avvenimento in tempo reale?

No, e per vari motivi: prima di tutto, perché è una schiavitù, pura e semplice, e in secondo luogo perché dobbiamo ritrovare il senso delle proporzioni: ciascuno di noi è una goccia nel mare, e per quanto la Rete ci dia l'illusione di essere sempre sotto lo sguardo altrui, in realtà in nove casi su dieci nessuno ci sta prestando attenzione, una realtà forse poco romantica ma a suo modo rassucurante.

A volte saper stare in silenzio per cinque minuti può essere salutare non solo per noi stessi, ma anche per il prossimo, liberato da una fonte di rumore che nulla aggiunge e nulla toglie a uno spazio già fin troppo saturo e caotico.

Nell'era frettolosa del digitale, tempo e parole offerte con cognizione di causa sono risorse rare: usiamole con la testa

Commenti

  1. È vero, è come se ci fosse un vortice che stritola tutto e tutti, un frullatore di idee e opinioni buttate lì a vanvera (incluse le cosiddette opinioni "di pancia" o quelli che battono il pugno sul tavolo). La stura dell'odio e dell'intolleranza è salito a livelli di pericolo.

    Da sempre cerco di usare la testa, come dici anche tu, e da 10 anni non guardo più talk show di nessun genere, soprattutto quelli politici che dovrebbero chiarirti le idee e invece è solo un parlare addosso uno all'altro e alla fine non ci capisci niente. E poi come dicevi qui sopra c'è la rete...

    Per il resto mi attengo il più possibile ad un aforisma del Buddha:
    "Prima di parlare domandati se ciò che dirai corrisponde a verità, se non provoca male a qualcuno, se è utile, ed infine se vale la pena turbare il silenzio per ciò che vuoi dire"
    Un salutone e alla prossima

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    1. Sì, è proprio come dici, un vortice.
      E seguissimo tutti le parole del Buddha parleremmo molto meno (certi per niente), e forse non sarebbe un male... alla prossima

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  2. Sante parole. Ma è un comportamento insito nella natura umana, che la rete non ha fatto altro che tirar fuori, grazie al senso di potere che sentiamo quando siamo dietro ad uno schermo a pontificare su questo o quell'argomento. Ci sono cascato anch'io, parecchie volte, e poi mi son pentito di averlo fatto. Però, come dici tu, si ha la paura che tacendo, si venga classificati in altro modo, oppure ancora peggio, si teme che gli altri finiscano per decidere per te. Ed allora devi dire la tua per difendere la tua individualità, per non farti comandare e mettere i piedi in testa da persone che chiaramente non sanno di cosa parlano, eppure si ergono a paladini del mondo. Diventa, in altre parole, un meccanismo di difesa.

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    1. Hai ragione, ormai anche in Rete siamo tutti sul chi va là, ed è una tendenza davvero triste.

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  3. Bella la foto di testa del Blog. Da dove proviene?

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    1. È un'immagine per uso libero tratta da Pixabay, il sito da cui più spesso prendo le foto per il blog

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  4. Interessante visiterò il sito. Grazie per la info

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  5. lo dicevano i nostri vecchi: il bel tacer non fu mai scritto.

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