Ragazzi, fate ciò che sapete e amate fare

Veduta di un'aula scolastica vuota dai colori chiari, sui banchi ci sono libri aperti, la luce entra dalle finestre


Consigli spassionati per i maturandi

A distanza di anni, resto della mia opinione, figlia di una difficile esperienza


Siamo di nuovo in quel periodo dell'anno.

Le ferie si avvicinano, si pensa alle vacanze.

Ma alcuni stanno per fare delle scelte decisamente più a lungo termine.

Sì, parlo proprio di voi, ragazzi: con la maturità quesi in mano, ormai arrivati alla fine di un percorso durato cinque anni, state affrontando l'inizio di un nuovo viaggio, che bene o male vi porterà ancora più in profondità fra i meandri dell'età adulta.

Ricordo bene quel miscuglio di ansia-ottimismo-soddisfazione-malinconia che ha accompagnato i miei ultimi giorni fra le mura scolastiche.

Da una parte, quel lieve strappo che si avverte al termine di ogni fase della vita, quello spezzarsi di una frequenza tenuta per così tanto tempo.

Dall'altra, l’elettrizzante prospettiva di un futuro da costruire, di nuove sfide da affrontare, di nuove persone da conoscere.

Ecco, proprio di questo vorrei parlarvi – di questa fase cruciale per il vostro destino.

Come ormai il Mercato sembra dirci – forse neanche a ragione, ma con sempre maggiore insistenza – senza una laurea non si va da nessuna parte.

Quindi non mi stupisce che ora la maggior parte di voi si stia incamminando lungo questa nuova avventura, tentando di entrare nella Facoltà che ritiene migliore per sé.

Ed è proprio qui, prima ancora che partiate, che vorrei fermarvi, e con molta umiltà darvi il mio consiglio.

In poche parole: puntate su ciò che sapete fare e che vi appassiona.

Non fatevi abbagliare dalle promesse di facile ingresso nel mondo del Lavoro, dalle statistiche.

Non fate come me.

Nel 2009, agli inizi della Grande Recessione, ho gettato dalla finestra anni di formazione umanistica per studiare ingegneria.

Sì, ingegneria – riuscite a pensare a qualcosa di meno adatto, a una scommessa più azzardata?

Eppure, spaventato dalla disoccupazione, desideroso di intraprendere una carriera che mi offrisse l'indipendenza, e senza la possibilità di ricevere grandi consigli esterni (primo universitario in famiglia, entourage sociale piccolo e relativamente isolato), ho fatto un salto nel buio.

Un salto che mi ha portato a sfracellarmi diversi chilometri più in profondità, sul fondo del baratro.

Sapete quanto mi ci è voluto per uscirne?

Quattro anni.

Quattro anni di arrampicate e ricadute più in basso, quattro anni di ansia costante, quattro anni di lotte fra esami allucinanti e serie questioni personali che per forza di cose richiedevano la mia attenzione.

Quattro anni in cui sono arrivato a non riuscire quasi a mangiare, e a svegliarmi di soprassalto nel cuore della notte, per molte notti.

Quattro anni di alti e bassi costanti, senza sosta, in un alternarsi di ottimismo e delusione.

Quattro anni di oscurità, di quella che soffoca e che a volte può persino uccidere.

Quattro anni – un periodo molto lungo, forse ancora di più quando sei un ventenne.

Alla fine, il benedetto pezzo di carta l’ho strappato, con le unghie e con i denti.

Ma a che prezzo?

Alla fine, diciamocelo chiaro, a un potenziale datore di lavoro cosa importa della fatica che ho fatto, degli ostacoli che ho affrontato?

Dal mio curriculum, si vede soltanto una laurea presa un po’ in ritardo sui tempi “canonici”, e con un voto finale modesto.

Perché dovrebbe preferirmi al mio ex-compagno di corso, che forte anche di un’attitudine e di un background più solidi ha sfornato trenta e lode per anni, laureandosi in tempo?

Alla fine, i pochi impieghi che ho trovato non hanno avuto nulla a che fare con l'ingegneria, anzi, con una laurea qualsiasi.

Non mi sono trovato male nel ricoprirli – ma mi sono chiesto tante volte a cosa mi siano serviti quegli ultimi anni trascorsi sui libri, se davvero dovessi attraversare quel periodo difficile per esserne considerato degno.

Ecco perché, reso forse un po' più saggio dall'esperienza, mi permetto di invitarvi a seguire il vostro Talento e la vostra Passione – che non sempre, ma spesso, tendono a coincidere.

Magari si tratta di un campo meno “monetizzabile” rispetto ad altri?

Non importa: vorrà dire che dovrete impegnarvi di più.

Prendere voti più alti, preparare una tesi davvero eccezionale.

Coltivare rapporti assidui con pubblicazioni e influencer del settore, magari attraverso i social media.

Aprire un blog sul vostro ambito professionale.

Faticoso?

Certo.

Ma il duro lavoro è molto meno duro, quando ci si impegna in ciò che si sa e si ama fare; e in questi nostri tempi così incerti, il momento di osare è ora.

Spero che questo mio sfogo vi possa servire, ragazzi.

In bocca al lupo per tutto.

Per i vostri test – ma soprattutto per quello che vi attende dopo.

Commenti

  1. Mi dispiace leggere di questo periodo difficile che hai attraversato. D'altro canto, un vecchio adagio dice "scegli un mestiere che ti piace e non lavorerai un solo giorno nella tua vita" o qualcosa del genere. La società consumista in cui viviamo ci spinge a venderci al miglior offerente, e non tiene in conto le nostre passioni, i nostri interessi, le nostre inclinazioni. Storciamo il naso quando si parla di legalizzare la prostituzione, ma in estrema sintesi, tutti vendiamo "il nostro corpo" ad un datore di lavoro, chi più chi meno. Uscire da questo circolo vizioso non è facile, pena l'essere ostracizzati socialmente. Specialmente in un'era in cui i giovani sono, più che mai, pieni di incertezze per il futuro.

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    1. Ti ringrazio per il pensiero e sono d'accordo al 100% con il tuo commento, spero che questo post possa aiutare anche solo un/a ragazzo/a a scegliere con più consapevolezza.
      Buona serata

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  2. Predichi qualcosa di difficile a quell'età: la consapevolezza della lungimiranza. Sconosciuta ai più. per non parlare di me che ho cappottato la mia vita a più riprese prima di capirci qualcosa. A volte mi chiedo: a poter ricominciare conscio degli errori fatti? Forse ne faremmo di nuovi e magari ancora di peggiori, perché c'è un dna a guidarci (bene o male). Ero uno molto lineare all'inizio, programmatore, selettivo. Poi sono scivolato nel flusso emotivo, nelle storture, ho pensato di seguire l'istinto irrequieto suonando a orecchio.
    Il risultato finale non mi dispiace, ma ci sono arrivato per troppi sentieri contorti. Auguro ai giovani di tenere sempre d'occhio responsabilità e coscienza.

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    1. Mi dico sempre che le scelte che facciamo in un dato momento sono spesso le migliori che siamo in grado di prendere in quel preciso istante... del resto il futuro è sempre un'incognita, a venti come a cent'anni.
      Buona serata

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