Cosa può insegnarci la fine del Mondo

La sagoma scura di una persona a braccia spalancate si staglia contro un cielo al crepuscolo con nubi di varie sfumature rosse e blu che si specchiano nelle acque del mare

In tanti sembrano avvertire la sensazione di una Fine imminente per questo nostro Mondo, ma la paura non è l'unica reazione possibile


Siamo arrivati a fine corsa?

Che il Mondo, o almeno il Mondo come lo conosciamo sia sul filo del rasoio sembrano pensarlo in molti.

Senza dubbio, il disastro del Covid-19 (ora non più emergenza, o così dice l'OMS), il procedere della crisi climatica e il rischio di un conflitto nucleare, sospinti ai quattro angoli del Pianeta dal doppio volano dell'esperienza personale e dei social media, hanno contribuito non poco al diffondersi di questa percezione.

Da immagine stereotipata riprodotta in innumerevoli film, serie TV e romanzi, l'Apocalisse sembra ora un'eventualità ben più concreta, più pericolosamente vicina anche per noi, cittadini del relativamente sicuro Occidente, abituati ad associare certe calamità solo ai nomi di terre lontane.

Che ci piaccia o meno, la possibilità della Fine ci interroga, come società e come singoli individui, e ciascuno di noi è costretto a farci i conti, in un modo o nell'altro.     


Rimozione e rabbia, cosa non funziona 

Come si vive in questi giorni incerti?

Le opzioni per gestire la paura sono tante.

Rimuovere il problema dalla nostra mente è semplice, soprattutto se si è presi dalle tante incombenze della vita quotidiana. 

C'è quindi chi non ci pensa o cerca di non pensarci, magari buttandola sul ridere, e se il tarlo del dubbio torna a farsi sentire ci si può sempre cullare nell'illusione che una qualche tecnologia possa spuntare all'ultimo minuto per salvarci da noi stessi, ad esempio la fusione nucleare (che è sempre dietro l'angolo ma non arriva mai) o l'intelligenza artificiale (che però sembra fare paura ai suoi stessi creatori).

Per chi invece oltre a rassicurazioni cerca anche di placare il risentimento per un'esistenza difficile esistono poi le sempre popolari teorie del complotto, in tanti casi trasformatesi in pseudoreligioni pronte a offrire facili fantasie di rivincita e fallaci promesse di una nuova era di libertà e benessere una volta sconfitto il nemico di turno.

A coloro che alle risse da bar online e all'intolleranza di certi ambienti complottari preferisce l'azione diretta resta infine l'opzione dei movimenti di protesta, ancora assai attivi in tutto il Mondo.

Sono tutte reazioni comprensibili, perché umane: purtroppo, però, ottengono poco.

La realtà dei fatti irrompe sempre più spesso nel nostro quotidiano, costringendoci a guardarla in faccia, mentre la tecnologia non è sempre pronta, spesso non è pratica e quasi mai del tutto trasparente, le teorie del complotto si rivelano solo opportunità di guadagno per individui senza scrupoli, e i moti di piazza incontrano un'opposizione tecnica, politica e sociale sempre più intransigente.

Ma se ignorare la Fine o affrontarla con rabbia non ci aiuta, non ci fa nemmeno sentire tanto meglio, cosa possiamo fare? 


Ottimismo nella rassegnazione: capire cosa conta e cosa no

Accettare l'idea che questi possano essere i nostri ultimi anni (o almeno gli ultimi "buoni") è un passo che spaventa, su questo niente da dire.

Eppure, una volta presa almeno in cosiderazione, tale possibilità non deve per forza spaventarci.

Riscoprire la nostra fragilità può aiutarci a riconoscere cosa davvero conta e cosa no, sia dal punto di vista personale che da quello sociale.

Un primo passo è quello di tornare ad apprezzare le piccole cose, quei piccoli lussi che magari oggi ci sembrano scontati ma domani potremmo rimpiangere, e che per milioni di altri esseri umani sono già oggi un miraggio: una tazza di caffè presa in pace la domenica mattina, una passeggiata nel parco, cose così insomma.

Un altro punto importante è liberarsi da ciò che non è strettamente necessario, da tutte quelle cose che forse tra pochi anni non avranno più senso: vogliamo davvero perdere altre ore inseguendo una promozione che in fin dei conti ci interessa più per ambizione che per necessità, vale la pena di continuare in quel progetto personale che ci regala più stress (e magari figure meschine) che soddisfazioni, ci interessa continuare ad accettare le ubbie di parenti o "amici" che teniamo nella nostra vita più per quieto vivere che per altro?

Se "potare i rami secchi" fa bene alle piante, perché non dovrebbe essere utile anche a noi?

A volte gettare la spugna è non solo permesso, ma importante per lasciare spazio a progetti e cose che ci danno più soddisfazione, per tendere la mano a persone che davvero possiamo aiutare e davvero arricchiscono la nostra vita, e con cui forse possiamo ragionare in un'ottica comunitaria per far fronte a ciò che ci attende.

Si tratta di essere più realisti che pessimisti, di accettare determinate realtà (ad esempio, cari politici, che questo non è il momento di avere figli) e allo stesso tempo sapersi assumere rischi calcolati per cambiarne altre.

Perché riconoscere la Fine non significa non dare valore a noi stessi o al nostro prossimo qui e ora, nel tempo che ci resta, né smettere di lavorare per un modello migliore da lasciare in eredità a chi dovesse riuscire a salvarsi, nonostante tutto.

Io credo che la vedremo, questa Fine, ma finché mi sarà possibile mi rifiuto di non vivere questi nostri giorni, e continuo a sperare che, contro ogni aspettativa, qualcosa di nuovo e più bello possa nascere dalle ceneri di questo nostro Mondo in frantumi.

Chissà, forse la Fine è soltanto un nuovo inizio: cerchiamo di arrivarci tutti insieme!    

Commenti

  1. La fine del mondo la stiamo vivendo. È più dell'apocalisse, perché la cattiveria dell'uomo ha spento anche gli ultimi sospiri dell'amore.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sull'amore hai ragione da vendere: una volta la cattiveria era più che altro paura, istinto di sopravvivenza mal espresso, ignoranza, durezza nata dalle asperità della vita... oggi invece sembra diventata uno sport.

      Elimina
  2. Più che il mondo ci estingueremo noi, ed il pianeta Terra si trasformerà. Spesso tutti noi tendiamo erroneamente, me compreso, ad usare le parole "fine del mondo" pensando alla fine dell'uomo ma è ora che scendiamo dal piedistallo sul quale ci siamo messi da soli autoproclamandoci i migliori del pianeta. Quindi se ci estingueremo la fine del "mondo" non ci potrà insegnare nulla o quantomeno anche se prima della fine imparassimo qualcosa, non ci servirebbe in futuro morendo tutti quanti come i dinosauri del terzo millennio, ma forse potrebbe farci almeno pentire degli orrori ed errori fatti nei secoli.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sicuramente la nostra visione è antropocentrica, purtroppo le decine di specie che scompaiono o sono messe in pericolo ogni anno non hanno la nostra stessa libertà di parola.

      Per ora ritengo improbabile, benché assolutamente possibile, l'estinzione totale del genere umano, e in ogni caso noi che siamo già qui abbiamo ancora del tempo davanti a noi; tanto vale usarlo al meglio, secondo me.

      Elimina
  3. Se per fine del mondo si intenda la scomparsa del pianeta terra .....non ci sara nessuna fine del mondo.
    Ma giocherellando per internet ........ nel pianeta Terra poche persone è tutte le nazioni stando priovvedendo a dei tunnel sotteranei .......... per un autosufficienza di almeno due anni. Ovviamente gli abitanti sarebbero solo giovani tra ragazze e ragazzi ........ ovviamente saranno educati perchè finito l'effetto serra ........ poi per continuare possono solo coltivare la terra. ed il mondo continuerà a vivere.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Devo aver letto da qualche parte dei bunker segreti dei potenti in Nuova Zelanda, ma se siano solo voci o qualcosa di più non so, sinceramente.

      Elimina
  4. La fine del mondo è l'ennesima politica del terrore.
    È l'umanità che non funziona, il resto dell'universo fila come è sempre filato.
    Meritiamo l'estinzione? Senza dubbio.
    Ti abbraccio.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sicuramente l'universo continuerà la sua strada anche senza di noi, siamo noi a dover (ri)trovare la nostra strada.

      Grazie per la visita Francesca, a presto

      Elimina
  5. Si dice che è bene vivere ogni giorno come se fosse l'ultimo. In questa espressione c'è tutta la consapevolezza della fine. Sinché non ci sarà l'apocalisse moriremo ad uno ad uno. Forse il mondo finirà d'un botto, ma sino ad allora l'umanità continuerà a consumarsi per stillicidio. Questo è tutto quel che sappiamo.

    RispondiElimina

Posta un commento

I vostri commenti sono sempre i benvenuti, chiedo solo civiltà e niente spam :)

Post popolari in questo blog

Scegliere una carriera sull'orlo del baratro

Criptovalute, El Dorado digitale?

L'insopprimibile "bisogno" di parlare