Pessimisti o realisti?


Siamo meno coraggiosi dei nostri genitori e nonni, si dice... oppure sono loro a essere stati illusi?


"I nostri nonni hanno visto la guerra, ma..."

C'è aria di disappunto in giro, anche tra i giovani, che l'era post Covid ha prima esiliato dai banchi di scuola o dell'università, e poi messo di fronte a un futuro (ancora più) incerto.

A dire la verità, in tanti lo sentono, questo senso di smarrimento, ma forse, soprattutto ai piani alti, esprimerlo a parole è tabù.

Ed è così che ogni tanto si sentono in giro banalità sul fatto che ottimismo e impegno sono quello che ci vuole per rimettere in sesto le cose e tornare a una supposta Età dell'Oro.

"Pensate ai nostri nonni", dice qualcuno, "hanno visto la guerra, ma..."

Sì, predicatore di turno, lo sappiamo.

Hanno continuato a lavorare.

Hanno continuato a procreare.

Hanno continuato a sperare.

Ed è tutto vero, eh, non si discute: ma credo ci sia tanta ignoranza in merito, ed è da qui che nascono paragoni insensati come questo.    


Beata ignoranza

Per chiunque decida di fare confronti tra l'ottimismo vero o presunto dei "nostri nonni" e lo scoraggiamento in apparenza incomprensibile dei giovani di oggi, l'unica risposta possibile è: beata ignoranza!

Prima di tutto, l'ignoranza di chi fa discorsi del genere, che dimentica ad esempio il ruolo non secondario della scarsità di contraccettivi e (diciamolo pure) di rapporti intimi dalla consensualità spesso più che dubbia in tante, troppe nascite, che, ricordiamolo, erano benaccette in una società ancora in larga parte contadina.  

E poi la seconda "beata ignoranza", quella dei nostri nonni stessi: tirati su senza educazione sessuale, rintronati da propaganda atta a trasformarli in bestie da soma, animali da monta e carne da macello, magari ancora legati ai dettami di una religiosità appena scalfita da nuove idee, forse ispirati da miraggi di gloria nazionale creduti realizzabili... c'è da stupirsi che le culle fossero piene?

Finita la guerra, ai miti della razza si è sostituito l'ottimismo della nuova civilità del benessere di massa, dei buoni lavori ancora sotto casa, delle gite fuori porta, dell'automobile e della televisione: in tanti hanno voluto offrire nuova vita a un futuro così pieno di promesse, e che appariva inarrestabile...

...finché non si è fermato.    


Pessimisti o realisti?

Vediamo un po' il Mondo di adesso: non solo l'albero della cuccagna ha iniziato ad appassire e a inclinarsi pericolosamente, ma, cosa altrettanto importante, possiamo vederne il deteriorarsi in diretta, grazie all'informazione continua (e deprimente) offerta anche dalla Rete.

Per un numero sempre crescente di persone in tutto il Pianeta il mito del progresso e della promozione sociale è ormai in dubbio, la consolazione della religione uno sbiadito ricordo, mentre all'orizzonte si profilano sfide globali immani, prima tra tutte il cambiamento climatico, senza che la maggior parte dei governi possa o voglia intervenire in modo davvero incisivo.

La "beata ignoranza" è ormai quasi impossibile da conservare, anche per i meno interessati all'attualità.

Quando le cose stanno così, dove sta il confine tra ottimismo e illusione?

Forse quello che un tempo avremmo chiamato pessimismo oggi è puro e semplice realismo.

Forse è il caso di iniziare a capire, tutti, che le leggi della Fisica non si lasciano impressionare dai proclami di chi non vede o finge di non vedere le cose come stanno. 

Sperare può essere cosa buona e giusta, ma non è facile, e l'ottimismo a comando esiste solo nella mente di chi lo cerca... 

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