La Fine è vicina... ma non arriva mai


L'Apocalisse incombe su di noi... ma a volte è facile dimenticarsene


La Fine: anche oggi, arriva domani

Dalla Conferenza sul Clima COP27, tenutasi in Egitto con molta meno fanfara rispetto all'edizione di Glasgow dello scorso anno, sono arrivate le solite buone notizie: complici la guerra in Ucraina ancora senza via d'uscita e altre crisi assortite, la maggior parte dei governi evidentemente non ha fatto granché per contrastare l'emergenza climatica in atto.

E la Natura non aspetta: tra il 2030 e il 2050 potremmo arrivare a 250 mila morti all'anno dovute al riscaldamento globale!

Tutte cose gravissime, eppure, al di là delle dichiarazioni di rito, questa grande urgenza non si avverte: poco tra i politici, non molto tra i media, e poco più tra i cittadini.

Ora, l'inerzia delle istituzioni si può spiegare cinicamente come conseguenza di vasti interessi economici e geopolitici: ma quella della gente comune?  

Di fronte alla prospettiva dell'Apocalisse, dovremmo assistere a scene di panico, a proteste di massa.

E invece...

Ma forse, sentir parlare di 2050 non aiuta... e a ben guardare pure il 2030 sembra ancora davvero lontano.   


L'Apocalisse non è quella dei film

A pensarci bene, finora la Fine del Mondo l'abbiamo sempre solo vista sui libri, al cinema, o alla televisione, cioè tutti media che, per forza di cose, devono in genere portarci alla svelta al momento cruciale: l'asteroide sta quasi sempre per colpire in pochi giorni, l'epidemia letale si diffonde quasi sempre nel giro di un paio di settimane, eccetera.

E che ci piaccia o meno, questa rappresentazione lascia delle tracce nel nostro subconscio, ci porta a considerare il Giorno del Giudizio come un unico evento ben definito, rapido, e a volte imprevisto, molto diverso dalla serie di disastri più o meno annunciati che sta attraversando il Pianeta con passo lento e disuguale.

Se poi ci mettiamo anche che, crisi globale o no, a scuola o al lavoro si deve andare comunque, spesa e bollette vanno pagate in ogni caso e i nostri problemi personali restano tutti qui non è difficile capire perché in tanti questa Apocalisse al rallentatore non susciti grosse reazioni.


L'Apocalisse al rallentatore e il nostro lato oscuro

Governi superati dagli eventi, crisi internazionali, difficoltà individuali: tutte forze che rendono quasi impossibile a noi, persone comuni, non cadere in preda all'apatia.

Ma a volte l'indifferenza nasconde qualcosa di peggio, l'egoismo: in fondo, qui in Italia la baracca ancora va, possiamo dire, e quindi perché preoccuparsi se il Pakistan è rimasto sott'acqua o se luoghi che nemmeno sapremmo collocare sulla carta geografica rischiano di trasformarsi in lande desolate?

Occhio non vede, cuore non duole... per ora. 

C'è poi chi invece indifferente non è, ma per motivi controversi: quante volte, a casa o tra amici, di fronte al carico continuo di cattive notizie, viene da chiedersi se non sia il caso di "andarsene con il botto una buona volta", magari con l'aiuto del quasi proverbiale asteroide, senza soffrire inutilmente? Per non parlare di chi intanto sogna l'Armageddon (come abbiamo già accennato), forse per vedere realizzate improbabili fantasie di rinascita...

Lenta, troppo lenta? L'unica cosa certa è se anche non vediamo la Fine, prima o poi la Fine vedrà noi.

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