Occhio alla testa: ai confini della privacy

Immagine di profilo di una cyber-mente in bianco e blu su sfondo scuro, con neuroni fatti di processori e circuiti


Le leggi sulla privacy mettono paletti alla tecnologia, ma...


Un paragone arcinoto: il cervello è un computer.

Una preoccupazione crescente: come un computer, il cervello può essere violato e hackerato, magari approfittando tante nuove scoperte e tecnologie emergenti che promettono miracoli attraverso la nostra materia grigia.

Dall'altra parte del Mondo, qualcuno sta cercando di rimediare: è di questi giorni la notizia di un emendamento che lo Stato della California ha apportato al suo Consumer Privacy Act, mediante il quale i politici di Sacramento intendono difendere la privacy ai tempi della nuova rivoluzione tecnica, seguendo gli esempi del non lontano Colorado e ancor prima del Cile in questo territorio ancora in larga parte inesplorato.

In base alle nuove regole californiane, i dati cerebrali dei consumatori sono ora equiparari agli altri "dati sensibili", impegnando quindi enti e aziende a trattarli con gli stessi standard previsti dalle normative vigenti.

Un passo avanti apprezzabile, ma che apre interrogativi inquietanti.

Se da un lato in questo caso la California e i suoi "modelli" dimostrano una notevole lungimiranza, dall'altro viene da chiedersi quanto questi e simili sforzi, pur meritori, possano risultare efficaci.

Purtroppo, con l'avanzata di tecnologie sempre più sofisticate, la nostra privacy è sempre meno protetta da fattori oggettivi e sempre più affidata alla buona fede di chi si trova a gestire i nostri dati personali...

...Una buona fede della quale già ora possiamo certamente dubitare: come già oggi i nostri conti bancari non sono al sicuro, le chance di difendere i nostri pensieri da strumenti ultrasofisticati e in continua evoluzione sembrano diminuire a ogni nuova invenzione.

Spingendoci un po' più in là con l'immaginazione, come potremmo mai proteggerci da un ipotetico "lettore mentale" a distanza, magari tascabile?

Per quanto non impossibile sulla carta, una sfida in stile "gatto e topo" con attori molto più danarosi, influenti e interessati a dominarci suona già perdente: qualsiasi tecnologia difensiva sarebbe probabilmente controllata, se non del tutto proibita (chi non fa nulla di male, eccetera eccetera).

Paradossalmente, quindi, pare proprio che la difesa dei nostri dati passi non solo e non tanto da una lotta a colpi di invenzioni, ma da una trasformazione sociale e culturale che porti tutti a rispettare - davvero - la neuroprivacy.

Altra impresa titanica, purtroppo, per le stesse ragioni: e se questo è il futuro, vien quasi da sperare che...

Per ora, comunque, la resa dei conti non è ancora imminente: tuttavia è un bene che notizie come quelle che ci arrivano dalla California facciano discutere, perché ci si possa riflettere sopra e almeno prepararsi a ciò che ci attende.

Usiamo la testa, finché possiamo farlo in libertà...

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