Forse le relazioni sono sempre state... bah

Un gruppo di persone è in piedi in spiaggia davanti al mare alla luce blu del crepuscolo

L'era digitale ci ha disabituati alle relazioni tra esseri umani; o forse ci ha rivelato che non vanno bene (ma anche come cambiarle)!


Famiglia e amici addio: colpa di Internet?

Si continua a parlare di socialità perduta e di culle vuote (e su quest'ultimo punto, mi sia concesso dirlo, stanno davvero iniziando a rompere un tantino le scatole, per quanto si possa provare a prenderla con umorismo).

Nei discorsi di esperti più o meno qualificati, così come nelle più comuni chiacchiere da bar (o da social), il ritornello è spesso questo: il dominio del digitale sulle nostre vite ci sta allontanando, i rapporti tra amici e in famiglia si diradano, sostituiti da smartphone e app, gli incontri romantici rimangono impantanati tra chat room e Tinder, siamo sempre più soli.

Ed è tutto vero, mai detto di no: la Rete sa regalare gratificazioni rapide e senza troppo impegno, laddove invece il nostalgico ricorda la confusione e anche la fatica delle serate in compagnia e delle grandi adunate tra genitori, nonni, zii e cugini.

Tuttavia, come si dice spesso, il passato è tale per un motivo; e se in parte il cambiamento può essere spiegato dai ritmi di vita più impegnativi, dall'altro forse c'è sotto altro...    


Se sono bastati i social ad allontanarci...

Un pensiero molesto.

Se i rapporti di famiglia e di amicizia "tradizionali" fossero da sempre perfetti così come sono, l'avvento delle nuove tecnologie e dei social media non avrebbe provocato un cambiamento così drammatico: certo, magari avremmo sacrificato un po' di tempo alla novità di questi nuovi strumenti, ma davvero avremmo abbandonato mamme, nonni e amici?

In tempi di spostamenti e pendolarismo, i social network avrebbero anzi dovuto offrirci un modo per restare sempre in contatto, no?

Invece, sebbene ciò sia indubbiamente successo, Facebook e compagnia ci hanno più che altro permesso di creare un'altra vita, un'esistenza parallela che ci ha messi in contatto con altre storie, altre vite, altre opinioni... e con le nostre stesse insoddisfazioni.

Quando abbiamo trovato in Rete persone più in sintonia con noi, forse abbiamo capito di non avere veri "amici", bensì compagni di classe o colleghi con cui abbiamo creato rapporti di comodo; quando uno/a sconosciuto/a ci ha fatto battere il cuore, magari ci siamo chiesti perché con il partner già al nostro fianco questo non era successo, ci siamo domandati se il nostro stare insieme fosse più dovuto alla bassa autostima o al timore di restare gli ultimi single della comitiva che a un sentimento sincero.

Pian piano c'è chi ha iniziato a vedere tutti i rapporti come questioni di convenienza, persino la famiglia: una volta, nelle cascine di cent'anni fa, certamente era bene avere una nidiata di bambini che dessero una mano appena grandi abbastanza, e la rete di genitori, nonni, fratelli, cognati era una necessità in tempi così difficili.

Ma adesso, nell'era degli elettrodomestici, dei pasti pronti, delle consegne a domicilio, dei servizi di streaming e magari dello smart working?

Insomma, se sono bastati i social ad allontanarci, forse i nostri legami nella vita reale non erano già così forti.

La vita reale delude, quella virtuale seduce; ma anche quest'ultima non risolve ogni cosa e ci lascia comunque soli.

Tutto da buttare, quindi... o forse no.  


Nuove forme di socialità, tenendo ciò che funziona online

Forse le nostre relazioni offline sarebbero migliori se potessimo renderle più simili a quelle 2.0.

Se avessimo lo stesso coraggio e la stessa onestà che ci regala uno pseudonimo su Twitter.

Se avessimo la stessa certezza di non essere giudicati che abbiamo quando siamo in una chat riservata.

Se le vecchie gerarchie fossero messe appena appena in discussione, come in Rete, dove chiunque ha diritto di parola (da usare con giudizio, eh!).

Non che su Internet sia tutto rose e fiori, ci mancherebbe; però può darsi che introdurre nei nostri rapporti quotidiani quel pizzico di libertà internettiana possa aiutarci a renderli meno ingessati, più flessibili e adatti ai tempi incerti che stiamo vivendo.

La socialità è importante, è può essere l'antidoto contro molti veleni: ma potrebbe essere giunto il momento qualche... aggiornamento di sistema.

"Pensa virtuale, agisci reale": potrebbe funzionare?

Commenti

  1. Ciao Mondo in Frantumi Io personalmente ho sempre mantenuto vivo il mio rapporto con i miei marciapiedi con tutto il loro contenuto umano ......... perchè l'essere umano nella sua diversità è veramte una spettacolo che internet non può darti, la realtà che si vive ha un gusto, internet non ha gusto.
    FB e TW ci sono ....... ma non cerco amici seguo solo politici sindacati, Camera dei deputati, Senato, Quirinale, Ministero di grazia e giustizia più altra cose di pochissima importanza. Ti posso assicurare che molte rare volte ho commentato qualcuno. Il blog ha un suo senso, e in qualche modo conosci la mentalità di luoghi e paesi(persone) E se frequenti prima o dopo capirai se si finge o meno. Credo in qualche modo di salvarmi dalla malattia del virtuale.

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    1. Sicuramente, il mio discorso è molto generale e non entra nel merito delle differenze di atteggiamento verso la Rete dovuta all'età, agli interessi, alle condizioni personali, eccetera, che vanno sempre considerate quando guardiamo alle nostre situazioni individuali.

      Grazie come sempre della visita, a presto!

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  2. Risposte
    1. Non penso che il dominio digitale nei rapporti sia causato dal fatto che molte relazioni, non tutte, poi finiscono o finivano male, anche perchè una relazione virtuale può cmq finire se qualcosa si rompe ed anzi il non vedersi negli occhi dal vivo, a volte non vedersi affatto se non si fanno videochiamate o perfino solo chattando senza vocali, è molto più rischioso perchè possono nascere fraintendimenti e soprattutto anche nel momento di uno screzio (che si tratti di una amicizia o, assurdo ma accade, solo una relazione puramente virtuale) il sentire la voce ed osservare lo sguardo dell'altra persona, crea una empatia più forte e quindi è più facile che si risolva a tarallucci e vino una discussione dal vivo che on line dove non è sempre così facile comprendere il reale stato d'animo dell'altra persona.

      Penso invece che si abbia più paura di un contatto fisico e dal vivo perchè in quel momento l'altra persona è più reale e poi perchè di fatto si sta disabituando la gente ad avere sempre più contatti reali. Facebook parla di "amici" in realtà sono follower o conoscenti e solo pochi sono amici con cui si ha un rapporto più profondo. Eppure Fb li chiama "amici"... Resta il fatto che cmq guardando le persone ho la netta sensazione che a cercare il virtuale nei rapporti non sia cmq il giovane o l'adolescente ma più la generazione di mezzo. Magari due sedicenni escono insieme e si mostrano i video di canzoni o altro per tutto il tempo e quasi non si guardano, ma sono fisicamente insieme, certe fasce d'età tra i 30 -50 invece no, o meglio al di fuori del loro possibile piccolo spazio di realtà creatosi negli anni, tutto il resto lo vogliono e lo cercano solo nel virtuale.

      Certo che intossicarsi di virtuale è pericoloso, a prescindere per cosa uno lo utilizzi.

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    2. scusa il casino, errori di battitura per aver scritto troppo velocemente

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    3. Hai ragione Daniele, il digitale in un certo senso rende difficile ricordare che dietro nome e avatar esiste una persona reale; e sono anche d'accordo sul fatto che non sia solo una questione che riguarda gli adolescenti.

      Penso che una grossa attrattiva dei rapporti virtuali sia il maggior controllo che questi ci danno: ci si può mettere insieme, ridere, ignorarsi e lasciarsi con un clic...

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  3. La nostra comunicazione può avvenire sia nel sociale che nel web . Spesso si ricorre alla comunicazione virtuale per coprire distanze e trasmettere pensieri e idee che altrimenti non potremmo comunicare. Penso si tratti di uno strumento utile. Poi, la comunicazione diretta non va mai abbandonata.

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    1. Sicuramente Fabio, ci sono tantissimi modi buoni e cattivi di usare la Rete, così come lo sono le persone.

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  4. Da tre anni e più lavoro in smart working, dopo 15 anni di pendolarismo tra l'interland e la grande città, e giornate passate in ufficio a chiacchierare con i colleghi. Lo smart working ovviamente tende ad isolarti un po' di più, ma hai ragione quando dici che il problema (o l'esigenza) doveva già essere presente e nascosta tra le pieghe della mente prima dell'avvento di queste tecnologie. Io ad esempio sono sempre stato un introverso, e forse proprio grazie ai social, ho sviluppato un senso d'intolleranza per il rapporto fisico e sociale con gli altri, sempre pronti ad imporre le proprie idee su chiunque capiti loro sotto mano. Non so se applicare alla vita reale la stessa modalità comunicativa che usiamo sui social sia la soluzione. Si finirebbe per urlare e darsi contro ad ogni angolo di strada, senza concludere nulla. Questo è quello che osservo su molti social: tutti contro tutti, sempre pronti a criticare questo o quel dettaglio, sempre pronti a condividere quel senso di insoddisfazione generale di cui siamo intrisi.

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    1. Sui social la gente si sente più libera di condividere, le cose belle come (ahinoi) quelle meno belle...

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