Gli influencer? Forse sgarbati, ma hanno ragione


La loro utilità è dubbia e i loro modi a volte scortesi, ma gli influencer rivelano scomode verità sulla nostra società


Influencer, inutili e sgarbati?

Degli influencer e delle loro "imprese" si parla praticamente un giorno sì e l'altro pure.

Alcuni sono arroganti credendosi chissà chi, altri sembrano prendere in giro chi non fa parte del loro mondo e porta a casa stipendi più modesti, altri ancora paiono del tutto disconnessi dal mondo "reale", mostrando sommo cattivo gusto (a dir poco) o lamentandosi di "problemi" da nulla rispetto a quelli che tanti di noi affrontano anche solo per tirare fino in fondo alla giornata.   

Non solo, il loro lavoro non produce nulla di concreto, almeno in apparenza, e ci si chiede a cosa servano, considerato tra l'altro il fatto che la maggior parte di loro tende a non offrire nulla di originale: stesso stile, stesse mete, stesse stupidaggini...

A volte viene davvero voglia di spegnere il telefono e scollegarsi da Internet prima che la loro ennesima sparata ci faccia andare il sangue alla testa.

Eppure, anche gli influencer, nel loro piccolo, hanno una loro utilità.  


In (parziale) difesa degli influencer

Una reazione tipica degli influencer alle accuse più o meno giustificate del pubblico è quella di tirare in ballo l'invidia sociale: i critici, sostengono i "VIP" della Rete, sono solo persone che non sono state in grado di avere coraggio e buttarsi, oppure ci hanno provato ma senza successo, restando incatenate al "solito" lavoro noioso e magari pure malpagato, quindi provano risentimento verso chi invece è riuscito a trasformare una passione in professione, avvicinandosi all'ideale di potersi dedicare a ciò che si ama senza doversi preoccupare di conti e bollette.

Hanno ragione?

In tanti casi no, perché spesso stelle e meteore di Instagram o TikTok sono in effetti pigre, maleducate, o addirittura imprudenti, diffondendo disinformazione e trend potenzialmente pericolosi; e in situazioni come queste le critiche sono ampiamente meritate.

Qualche volta, però, è vero: non sempre gli influencer sono cattive persone, molti si sono dati da fare per emergere, e l'animosità indiscriminata verso di loro può nascere anche da una legittima insoddisfazione verso il proprio lavoro e verso la scarsa considerazione (morale e materiale) in cui è tenuto dalla società: perché un impiego "umile" ma utile è remunerato con noccioline, mentre una trovata magari originale ma pur sempre frivola di un Instagrammer viene pagata con migliaia di euro?

Ovvio che sempre più ragazzi cerchino fortuna sul Web invece di trovarsi un'occupazione "seria", no?

Ormai non sono più tanto "ragazzo", ma se fossi sicuro di farcela, tenterei anch'io...          


Gli influencer non sono il vero nemico

Gli influencer sono in ultima analisi la spia di un problema più ampio, che non hanno causato loro: viviamo in una società dove il profitto è più importante dell'utilità, dove l'apparenza conta molto più della sostanza, e dove tanti percorsi professionali più "elevati" sono resi quasi impraticabili da un sistema di istruzione depotenziato, numeri chiusi non sempre sensati, nepotismi, irrigidimenti burocratici, e chi più ne ha più ne metta.

Va bene quindi mandare a quel paese l'influencer cafone, ma non dobbiamo illuderci che questo sia tutto quello che serve per ridare dignità al lavoro e a chi lo svolge in tutte le sue forme.

Il nostro sistema socioeconomico in rapida degenerazione è il vero caos che genera i "mostri" additati da utenti indignati sui social: ma come dicono in America, hate the game, not the player, ovvero odia il gioco (e chi lo dirige, direi io), non il giocatore.

Qualcuno, ad esempio in Francia, sta cercando di migliorare le cose, ma non sarà facile: infatti, finché questo processo turbo-capitalista non avrà termine, in un modo o nell'altro, persone in difficoltà o semplicemente in cerca di rapidi guadagni troveranno sempre tendenze magari assurde ma promettenti a cui aggrapparsi per qualche euro in più.      

In fin dei conti per la maggior parte di noi l'essenziale è arrivare a fine mese: e se qualcuno ci riesce come influencer, non ho diritto di giudicare.  

Commenti

  1. Le tue considerazioni sono da condividere.

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    1. Grazie Gus, e credo di non essere l'unico a vederla così.

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  2. Forse mi sbaglio io ma l'influencer di solito non è un opinionista ma un individuo che cerca di influenzarti il più delle volte cercando di convincerti a comprare dei prodotti che lui o lei utilizza e che di fatto sponsorizza. Premesso che è vero che in generale chiunque, quindi anche un VIP e/o un influencer, è libero di scrivere e fare ciò che vuole non avendo minimamente il compito di educare o dare messaggi a chi lo segue (fermo restando quel minimo sindacale di responsabilità di quanto fa o dice in quanto VIP, minimo sindacale che in rete oramai secondo me ha chiunque specie se ha un seguito di tutto rispetto anche se non è un attore o sportivo ecc...), e che se li dà è libero di farlo salvo poi "risponderne" eticamente al web o se diffama eventualmente alla giustizia ordinaria, questo principio, secondo me, dovrebbe subire però una leggera "autocontrazione" etica della sua ampiezza se chi posta è un influencer in quanto lo dice la parola stessa, vuole "influenzare" la nostra mente e spingerci a seguire i suoi consigli e suggerimenti, spesso più reclamizzando prodotti da lui o lei sponsorizzati piuttosto che facendo riflettere su qualcosa di realmente rilevante e quindi di fatto non potremo mai capire se magari parlando di un tema d'attualità ci infila pubblicità occulta o cmq la sua opinione è quella fedele a ciò che sponsorizza. il punto è che l'influencer non vuole avere dei soggetti pensanti che lo seguano ma dei follower ossia seguaci fedeli che fidandosi di lui poi acquistino quanto lui pubblicizza. Ecco perché se l'influencer esprime un suo parere può essere molto pericoloso perchè dall'altra parte abbiamo soggetti per lo più passivi e non pronti ad un contraddittorio serrato.

    Ridare dignità o dare dignità all'influencer: è un falso problema in quanto se per recuperare dignità si deve intendere far assurgere la sua figura al pari di chi fa opinione libera senza sponsor e senza voler "spingere" nessuno ad acquistare nulla, beh non sono d'accordo, perchè tra le due figure c'è proprio un abisso concettuale ed una è l'opposto dell'altra sotto ogni aspetto salvo che per il fatto che entrambi usano un computer od un cellulare per esprimersi, e poi se l'influencer si mettesse a dire e fare davvero quello che pensa allora non sarebbe più un influencer perdendo sicuramente il seguito degli sponsor.

    Se invece per "dare finalmente dignità all'influencer " intendiamo con detta frase il dare risalto e popolarità chi fa quella professione con serietà, ironia e professionalità, allora in quel caso sì che lo troverei giusto. Sarebbe un modo per evidenziare chi davvero fa quel mestiere bene e con rispetto verso i terzi,

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    1. Come giustamente ricordi l'influencer nasce come figura ritenuta "esperta" in un dato campo, che in un secondo momento viene reclutata dai brand per spingere le persone a determinati acquisti; poi con il tempo e con il bisogno di restare rilevanti molti di loro si sono spinti sempre più in là, con tutti i problemi etici che menzioni.

      La mia provocazione è questa: si dice che sia un lavoro "inutile", ma viene remunerato molto meglio di tanti impieghi "utili" o persino "essenziali"... ma allora non sarebbe il caso di dare dignità (economica, psicologica, ecc.) anche a queste professioni, invece di lamentarsi dei giovani che "vogliono tutti diventare influencer"?

      La popolarità e i soldi degli influencer ci costringono a osservare come vengono trattati tanti lavoratori più "seri".

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    2. Se sei bravo puoi anche avere una qualche futile utilità. Alla tua risposta dico no. D'altronde quanti lavori inutili sono più pagati di quelli utili. Guarda solo lo stipendio mensile di un vigile del fuoco e quanto guadagna in un anno una come Luciana Litizzetto o peggio ancora il Cavalier Servente Fazio...

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    3. Il mercato ha ragioni che la ragione non conosce...

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  3. Non mi sono mai fatta influenzare dai modi di vivere altrui. Da giovane non mi è mia piaciuto seguire la moda ed oggi che sono anziana devo confessarti che la mia umiltà è un pochino calata. Mi guardo in giro e vedo gli esseri umani sempre più omologati. Sono orgogliosa dei miei capelli sale e pepe e ogni volta che mi dicono: perché non ti tingi? Sento la ribellione che sale. Perché nascondere le rughe? Hanno impiegato una vita per essere visibili! A mia figlia e a mio nipote dico sempre: siamo unici e per questo dobbiamo restare tali ,anche se usano tutti i modi possibili per convincerci a cambiare.

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    1. In effetti un grosso problema degli influencer, almeno di quelli più "generalisti" è proprio una mancanza di originalità: e quando cercano di distinguersi, spesso finiscono per farlo in modo stupido o aggressivo, perché è questo che molti utenti e quindi anche gli algoritmi preferiscono.

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  4. Certo che gli influencer hanno una loro utilità: ricordarci ciò che Andy Warhol aveva profetizzato negli anni 80 in merito al successo inutile di 15 minuti di gloria fasulla, e ricordarci che l'intelligenza e il buonsenso sono doni rari che non tutti possiedono.
    Io non me li filo proprio, non ritengo che qualcuno possa arrogarsi il diritto di dire come devo (o non devo) gestire la mia esistenza.
    Mi influenzo da sola, grazie.
    Ti abbraccio.

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    1. Il vero guaio secondo me è quando i 15 minuti finiscono ma la persona di turno proprio non se ne vuole accorgere... buon sabato Francesca.

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