Salute mentale, un bonus non basta

Sotto un cielo plumbeo una donna vestita di nero tiene in mano un ombrello nero e una valigia nera, e sosta in mezzo a un sentiero di campagna guardando verso sinistra.


L'accesso alle cure è vitale, ma...



Di bonus e salute mentale

In questi ultimi giorni ha fatto discutere la battaglia guidata dal rapper Fedez per ottenere dal Governo italiano risorse e finanziamenti adeguati al Servizio Sanitario Nazionale sul fronte della salute mentale, a cominciare dal cosiddetto "bonus psicologo"; sono state oltre trecentomila firme raggiunte in brevissimo tempo dalla petizione lanciata online dal cantante, un risultato tale da meritare una risposta a stretto giro da parte del ministro della Salute Orazio Schillaci.

Dalla vicenda si possono trarre diverse considerazioni: ci sarebbe molto da dire sull'influenza che i personaggi più noti hanno nelle nostre società, su quanto ciò sia un bene o un male, e sul ruolo dei social network quali volano per l'opinione pubblica, ma forse in questa particolare occasione è più produttivo cogliere l'occasione per analizzare il modo in cui il tema della salute mentale è affrontato da cittadini e istituzioni.


Salute mentale: l'accesso salva vite, ma...

A scanso di equivoci, la lotta intrapresa da Fedez in collaborazione con associazioni competenti in materia è sacrosanta, per almeno due ragioni: prima di tutto, tenere accesi i riflettori sull'argomento contribuisce a combattere preconcetti e pregiudizi ancora oggi fin troppo diffusi in Italia e nel Mondo, narrazioni tossiche che vedono nel disagio psicologico un finto problema da privilegiati, una debolezza morale, eccetera; in secondo luogo, l'accento sui finanziamenti ricorda il ruolo delle diseguaglianze sociali nel determinare l'accesso alle cure necessarie.

Ma proprio quest'ultimo punto ci riporta a un'amara realtà, cioè il legame tra salute mentale e condizioni materiali; infatti, non solo il denaro assicura trattamenti migliori e più tempestivi, ma può aiutarci persino a non essere mai in condizione di doverne usufruire del tutto, cosa in fondo logica: un buon conto in banca aiuta ad appianare tante situazioni deprimenti o stressanti, mentre uno in rosso è fonte continua di angoscia.

E allargando ancora lo sguardo, vediamo subito come la cattiva situazione finanziaria sia solo uno dei tanti problemi concreti che minacciano il nostro benessere psichico: come vivere sereni su un Pianeta in piena crisi climatica, con guerre e massacri a pieno regime e nuove tecnologie distopiche sempre dietro l'angolo, senza contare gli affanni lavorativi e le crisi personali?

L'accesso alle cure è vitale, ma in un Mondo malato non basta: anche affidarsi ai migliori specialisti rischia di servire a poco, più o meno come farsi una doccia pur sapendo che di lì a un'ora ci si dovrà calare in una fossa biologica!

Bene il bonus, ma serve anche molto altro.


Guarire il Mondo per guarire tutti

Può sembrare un concetto banale da ribadire, ma la nostra condizione di salute mentale è il risultato di più fattori, alcuni dei quali esterni e indipendenti dalla nostra individuale volontà, e non è un caso che negli ultimi anni si sia assistito a un'impennata di stati d'ansia e altri malesseri.

È quindi insufficiente, e a dirla tutta anche un po' ipocrita, limitarsi a dire alla gente di cercarsi un terapista, quando oltre le pareti del suo studio il Mondo va a fuoco, in tutti i sensi.

È tempo per noi di accettarlo e di rimboccarci le maniche per fahr sì che coloro che esortiamo a vivere e lottare sentano di avere una buona ragione per farlo: nichilisti, accelerazionisti e antinatalisti non sono "semplici" depressi da curare con colloqui e magari una pillola magica.

Perché un bonus sia d'aiuto, è prima necessario che le persone vogliano usarlo.

Guarire il Mondo per guarire tutti: possiamo farcela?

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