La legge non fermerà l'informazione "alternativa"

Biglie azzurre in un labirinto rosso ai cui estremi si trovano le scritte "true facts" e "fake news"

Brasile contro X, Francia contro Telegram: due facce di una battaglia (persa)


Dell'estate 2024 resterà molto da ricordare: la tragedia delle guerre, i trionfi Olimpici e Paralimpici, casi di cronaca atroci e intrecci politico-sentimentali degni di una soap...

...e le battaglie parallele di due Paesi contro altrettante piattaforme digitali.

Ad aprire le danze è stata la Francia, dove il 24 agosto è stato arrestato (e poi brevemente trattenuto) Pavel Durov, fondatore e CEO di Telegram: molte e gravi le accuse a suo carico, tra cui in generale quella di non collaborazione con le autorità giudiziarie locali nell'ambito di svariati illeciti commessi tramite la nota app di messaggistica, ben nota fra l'altro per ospitare non pochi gruppi e canali dedicati a idee e movimenti "anti-sistema".

Fra le tante voci a difesa dell'imprenditore russo non è mancata quella di Elon Musk, il quale ha parlato di un attacco alla libertà di espressione, ricordando intanto le dispute legali che in varie parti del Mondo hanno visto coinvolto X (già Twitter), di sua proprietà; e proprio X è stato protagonista pochi giorni dopo, il 31 agosto, di un ban da parte delle autorità del Brasile, al culmine di una lunga controversia legata fra le altre cose al rifiuto di Musk di collaborare a norme di contrasto alla disinformazione.

Rispetto della legge o conti da regolare, lotta alle fake news o esperimento di censura autoritaria?

Si continua ovviamente a discutere sui motivi reali o presunti di queste misure, ma su un punto penso che sia possibile essere tutti d'accordo: guai giudiziari e blocchi non fermeranno le due app protagoniste, né più in generale l'ecosistema dei media "alternativi".

Infatti, come per altri beni e servizi già da tempo considerati illegali, la (r)esistenza del mercato è garantita dal perdurare della domanda; e quella di piattaforme e contenuti "non allineati" rimane viva e vegeta, mantenendo a pieno regime un giro d'affari globale considerevole.

Finché l'azione e la narrazione ufficiale di governi e istituzioni risulteranno inefficaci o tossiche per milioni di persone, ci sarà sempre qualcuno pronto a cercare un'alternativa... e qualcuno disposto a fornirla, in modo o nell'altro.

E tentare di reagire a colpi di leggi o azioni legali, per quanto almeno in teoria giustificate da reali cospirazioni interne o interferenze straniere, non risolverà affatto la situazione, anzi; sarà facilissimo dipingere tali provvedimenti come inaccettabili angherie e come prova della fondamentale ipocrisia di Paesi che si dicono "liberi", galvanizzando gli avversari e seminando il dubbio fra il resto della popolazione.

Certo, ci si potrebbe appellare a Karl Popper e al suo principio di intolleranza verso gli intolleranti... ma, per dire, quanti europei o statunitensi oggi come oggi sono davvero sicuri che i loro governi siano i "tolleranti", i "buoni"?

Mentre il "sistema" inizia a collassare e diventa sempre più chiaro a tutti come i valori "universali" non siano proprio rispettati nemmeno da chi tanto li predica al resto del Mondo, mentre la Rete ci sommerge di notizie contrastanti, il sano relativismo morale già insito in un contesto pluralista degenera in un'oscurità totale, dove non si trova più alcun punto di riferimento comune.

Il "fascismo" di Tizio è al contempo il "buonsenso" di Caio, una guerra è "imperialista" solo a seconda di chi la dichiara...

...e la "lotta alle fake news" di un governo diventa "censura" per coloro che da quello stesso governo si sentono ignorati, alienati, oppressi.

In un contesto simile è evidente che bloccare un sito web (o arrestare un CEO), per quanto necessario in caso di illeciti specifici, non può essere la risposta alla disinformazione.

L'unica soluzione, a lungo termine e tutt'altro che glamorous, è quella di riconquistare la fiducia delle persone, far sì che i loro bisogni e sogni possano realizzarsi lontano da certi paradigmi e personaggi; una via ardua e senza garanzie, ma probabilmente l'unica che normalizzi strumenti repressivi che ora crediamo di poter controllare, ma che in mani sbagliate potrebbero avere esiti a dir poco distopici.

Nell'era digitale, il dissenso non si può mettere in galera.

Commenti

  1. I governi non amano l'informazione alternativa e non allineata, Wikileaks docet.

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    1. Penso che in questo senso Wikileaks sia davvero stato un momento spartiacque...
      Buona serata

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  2. Difficile contrastare i "pescatorbido" che utilizzano per il loro tornaconto certe piattaforme. Più difficile se si tratta di titolari e amministratori multimiliardari, avvezzi a liberarsi da mille lacci e laccioli, sfruttando il loro strapotere economico e tecnologico. La politica e i governi, se vogliono vincere questa battaglia, devono cercare di essere realmente convincenti e non contraddittori come, purtroppo, accade spesso.

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    1. Sono assolutamente d'accordo, al giorno d'oggi le ipocrisie dei governi sono ormai impossibili da tenere nascoste e ne minano sempre di più l'autorità...
      Grazie per la visita, a presto

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