Prigionieri delle cose (e di chi ce le dà)

Su un tavolo al centro di un salotto bianco è poggiata una borsa da donna azzurra. A sinistra c'e un libro, a destra un bicchiere di vino rosso


Gli oggetti ci danno sicurezza, ma non ci salveranno


È da un po' che lo si vede in giro; ed è da un po' che mi dà da pensare.

Sto parlando del recente spot pubblicitario di una certa Megaditta, quella per intenderci da cui tutti o quasi abbiamo ordinato qualcosa, almeno una volta, che fosse un regalo di Natale o materiale da ufficio.

La storia di per sé è semplice: in una grande città, una giovane donna trasloca in un appartamento, e sulle ali di note trionfali lo trasforma man mano in una "casa" a tutti gli effetti, con tanto di piante rigogliose che lo distinguono dal resto dell'anonimo stabile urbano.

Tutto molto grazioso, ma... a una seconda, terza, quarta visione viene da farsi qualche domanda.

Non so se quella diffusa sia una versione abbreviata del filmato originale, però ciò che vediamo è la nostra protagonista sempre sola.

Sistema la sua dimora... da sola, con i prodotti dell'azienda.

La rende "sua"... da sola, con i prodotti dell'azienda.

Si rilassa... da sola, con le serie TV disponibili attraverso l'azienda.

La poverina non sembra avere familiari, amici, magari un/a fidanzato/a.

È sempre lei e la Megaditta.

Pare davvero una storia emblematica di questi nostri tempi così caotici, così incerti.

Gli altri non hanno tempo per noi e per le nostre traversie, né lo abbiamo noi per loro; e anche attraverso lo schermo di uno smartphone le cose possono guastarsi in un attimo, con conseguenze imprevedibili, perché tanta gente è incattivita e la polarizzazione ideologica sempre dietro l'angolo.

Avere a che fare con il prossimo è un lavoro sempre più ingrato.

Le cose, al contrario, ci sono sempre per noi: ci sono utili, ci rendono la vita più comoda, ci intrattengono... il tutto a costi neanche così proibitivi.

Ma se da un lato la tentazione di liberarsi dalla fatica di interagire con gli altri è forte, dall'altro il rischio è quello di ritrovarsi soggiogati da ciò che possediamo... e soprattutto da chi ce lo fornisce, tanto più che la Megaditta e i suoi competitor sul mercato cercano di mettere le mani in pasta un po' ovunque.

Forse abbiamo perso la speranza e persino la volontà di creare legami significativi con gli altri, o magari siamo rassegnati a un'Apocalisse incombente e vogliamo starcene comodi finché possiamo... o finché alla Megaditta di turno andrà bene.

Che sia questo il futuro che ci aspetta? Saremo prigionieri volontari di fragili bolle a basso costo?

Commenti

  1. Si tratta di una pubblicità, a mio parere, che prende atto dello stato attuale delle cose. Siamo così polarizzati che preferiamo essere soli con le nostre cose piuttosto che aprire bocca con un gruppo di amici davanti ad una bella pizza, per il timore di dire qualcosa che offenda qualcuno o che ci faccia bollare di questa o quella fazione politica. I social poi incoraggiano i giovani a comunicare di persona sempre meno, preferendo il mondo virtuale a quello reale. Ci siamo costruiti questa prigione dorata in cui vogliamo rifugiarci per evitare il disgusto per quello che ci circonda. Ed in fondo ci sta bene così.

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    1. Il commento qui sopra è mio :) Ho dimenticato a selezionare il mio profilo.

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    2. È vero, e in tutta franchezza il mio non voleva essere un giudizio morale, perché la vita è dura e ognuno resta a galla come può; la mia preoccupazione è la nostra dipendenza sempre più crescente da queste Megaditte che vogliono monopolizzare ogni aspetto della nostra vita...

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    3. @camu Avevo riconosciuto lo stile :)

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  2. Non la vedo così drammatica. A me pare una appena arrivata in una nuova città che cerca di rendere il suo ambiente un po' più amichevole.

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    1. Potresti avere ragione, ammetto però che l'assenza di altre persone mi è balzata subito all'occhio

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